Il Tredicesimo Cavaliere

Scienze dello Spazio e altre storie

I Congiurati di Plutone 2.0

 Scienziati festeggiano NHIn qualità di astrononni ci piace poco rincorrere la cronaca, tanto più se fila alla bellezza di 16 km al secondo. Preferiamo metterci in retroguardia, ragionare e lasciare spazio al nostro istinto di segugi. Così capita di ritrovare nei cestini della carta straccia di editori (professionali o amatoriali) infinitamente più grandi e ambiziosi di noi, delle perle perdute. Ne parleremo nelle prossime settimane. Mentre indaghiamo, però, non possiamo non essere coinvolti dalla frenesia del momento storico, e vogliamo esserci anche noi per la foto di gruppo. Vi proponiamo quindi “I Congiurati di Plutone 2.0”, versione appena rinfrescata di un articolo che quando uscì, ormai più di 2 anni fa, piacque a molti … (RF)

(nella foto: esultano i soci fondatori della lobby dei Congiurati di Plutone –  da sinistra a destra: Cathy Olkin, Jason Cook, Alan Stern, Will Grundy, Casey Lisse, and Carly Howett. Foto di Michael Soluri.

 Sebbene il cielo sia assolutamente terso, cade una neve leggera: è il freddo estremo della sera che fa solidificare il metano e l’anidride carbonica della tenue atmosfera del pianetino. I cristalli ricoprono il terreno gelato, e consentono a un piccolo gruppo di sportivi di muoversi sui loro sci riscaldati (per favorire la sublimazione del ghiaccio secco e aumentare la scivolosità) e concedersi qualche ora di sci di fondo nel morbido paesaggio notturno. Più tardi, per niente affaticati da una forza di gravità molto inferiore a quella terrestre, volta la direzione di marcia verso le luci lontane dell’avamposto, vedranno il Sole sorgere sulle colline, anonima stellina un po’ più brillante delle altre. Quanto basta però per innalzare la temperatura al suolo di un paio di gradi e dare inizio al processo di sublimazione su larga scala, che riporta metano e anidride carbonica in forma aerea. Mentre i terrestri ripongono gli sci e si apprestano al loro turno di lavoro, qualche volta, specie in estate, a grande altezza si formano pochi, pallidi cirri che tingono il nero cielo di Plutone con morbidi toni di giallo, bianco e rosa. Dopo 85 anni dalla sua scoperta, dopo essere stato declassato a pianeta nano e aver ricevuto il numero asteroidale 134340, il 14 luglio 2015 Plutone sarà raggiunto e sorvolato alla distanza di circa 10.000 km. dalla sonda New Horizons.

Plutone SistemaSiete liberi di non crederci, ma ormai è un fatto storico comprovato: la lobby scientifica conosciuta come “I Congiurati di Plutone”, fu costituita nel maggio 1989 a Baltimora, in un piccolo ristorante italiano, consumando pizza e vino rosso. C’erano Alan Stern, vero padre del progetto, del Southwest Research Institute di Boulder in Colorado, oggi Principal Investigator della missione New Horizons, e una decina tra planetologi, esperti di asteroidi e qualche ingegnere. I Congiurati si diedero il compito di convincere la NASA a organizzare una missione diretta al sistema di Plutone nel minor tempo possibile. L’iniziativa ebbe dapprima buona accoglienza e il progetto dei Congiurati, chiamato Pluto 350 (il numero si riferiva al peso della sonda in kg) fu sottoposto a studi più approfonditi. Negli anni successivi, però, lo stesso Alan Stern, nella sua qualità di presidente del Gruppo Scientifico di Lavoro sui Pianeti Esterni, accantonò Pluto 350 preferendogli il Pluto Fast Flyby, un progetto che si basava su una coppia di veicoli spaziali gemelli del peso di soli 75 kg ciascuno, ideati da Robert Staehle e Stacy Weinstein del Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena. Stern, inoltre, aggregò all’impresa l’Istituto russo di Ricerca spaziale (IKI), che si offrì di fornire due piccoli lander destinati a Plutone, e l’economico razzo vettore Proton. Il nome della missione fu cambiato in Pluto Express, si era nel 1995.

Cintura KuiperNegli anni che seguirono il progetto fu sottoposto a feroci critiche di carattere economico e a nulla valse l’ampliamento della missione ad alcuni oggetti transnettuniani. Nell’autunno del 2000, la NASA tentò perfino di cancellare la missione, ma Ted Nichols, uno studentello di liceo, raccolse su Internet, in una sola settimana, ventimila firme in calce a una petizione di protesta, e l’Agenzia dovette fare un passo indietro, garantendo la fattibilità della missione, purché non costasse più di 500 milioni di dollari. Fu indetta una gara dalla quale emerse vincitore il progetto New Horizons così com’è oggi. Nel 2003, infine, la missione dovette essere difesa da un altro tentativo di siluramento, questa volta a opera della Casa Bianca, sotto pressione a causa della crisi economica.

La sonda venne lanciata il 19 gennaio 2006, giusto in tempo per sfruttare, alla fine di febbraio 2007, l’effetto fionda gravitazionale di Giove che generò un incremento della sua velocità di 4 km/s, indispensabile per presentarsi al flyby con Plutone, nel 2015, alla velocità residuale di ben 16km/s. Dopo il flyby, infatti, la sonda continuerà il suo viaggio di esplorazione addentrandosi nella Fascia di Kuiper per una decina d’anni, finchè il piccolo generatore termico a radioisotopi (RTG) con cui è equipaggiata sarà funzionante. La NASA ha già pronte nuove possibili destinazioni. A chi chiede come mai non sia stato previsto che New Horizons entrasse in orbita intorno a Plutone, per una esplorazione più approfondita, i responsabili della missione rispondono che ciò è dovuto proprio all’alta velocità con cui la sonda si muove: la frenata che sarebbe necessaria per effettuare tale manovra comporterebbe un enorme consumo di carburante.

New Horizons dettagliLa sonda pesa 481 kg, di cui 30 costituiti da strumentazione scientifica (vedi foto a sinistra) e monta un’antenna a disco di 2,5 metri per tenere i contatti con la Terra. Il viaggio viene effettuato per la maggior parte del tempo in condizione di “ibernazione elettronica” per risparmiare energia; condizione da cui esce per brevi periodi programmati, allo scopo di verificare la rotta, il funzionamento dei sistemi di bordo e per caricare gli aggiornamenti del software. Costo della missione: 650 milioni di dollari.

ROBERTO FLAIBANI

Per concludere forniamo qui di seguito alcuni link che saranno utili a chi vorrà seguire l’evento in diretta:

sito ufficiale

Planetary Society

MISSIONE NEW HORIZONS – PLUTONE-CARONTE (in italiano)

Fonti:

I Congiurati di Plutone” –  versione origiinale

Molte grazie a Wikipedia, Michael Soluri, NASA, JPL

13 luglio 2015 Posted by | Astrofisica, Astronautica, Planetologia | , , , | Lascia un commento

Alla ricerca dell’acqua nel Sistema Solare

Fino a una quindicina di anni fa eravamo convinti che gli oceani e i mari della Terra rappresentassero le uniche riserve di acqua presenti nel Sistema Solare. Marte era al più sospettato di contenerne una certa quantità congelata negli strati subsuperficiali e le comete, o una parte di esse, di trattenerne quantità notevoli nel materiale poroso di cui erano costituite. Ma nel 1998 la sonda Galileo giunse nel Sistema Gioviano e questa visione restrittiva cambiò. Dapprima la luna Europa, e poi anche Callisto e Ganimede, incominciarono ad essere sospettate di ospitare al loro interno interi oceani di acqua in quantità molto superiore alle riserve terrestri, e potenzialmente capaci di sostenere intere biosfere. Gli scienziati attribuivano ad effetti mareali, al decadimento nucleare di materiale radioattivo e al vulcanismo del nucleo solido la responsabilità della generazione del calore che manteneva l’acqua allo stato liquido. Inoltre una crosta ghiacciata superficiale di spessore non ancora accertato la difendeva dal gelo dello spazio. Da allora le tre lune, ma sopratutto Europa, sono tenute sotto stretta osservazione, e gli indizi favorevoli all’esistenza dell’oceano sotterraneo non fanno che accumularsi.

europa_vents_2 - NASA ESA University of Cologne (Germany)(L’immagine qui di fianco mostra la posizione  delle nuvole di vapor acqueo sopra Europa. In realtà le nuvole non sono state fotografate, bensì rilevate spettroscopicamente. Credit: NASA, ESA, L. Roth (Southwest Research Institute and University of Cologne – Germany). Le ultimissime osservazioni effettuate con il telescopio spaziale Hubble hanno rilevato sopra il polo sud di Europa grandi nuvole di vapor acqueo, direttamente connesse con ampi bacini subsuperficiali di cui non conosciamo ancora la natura. Potrebbe trattarsi del tanto desiderato oceano sotterraneo, magari brulicante di vita, oppure di un semplice lago creatosi a qualche profondità nel pack. La notizia comunque ha emozionato fortemente gli esperti perché, anche nell’ipotesi più riduttiva, ora abbiamo la possibilità di esaminare acque subsuperficiali di Europa senza dover scendere sulla superficie a trivellare: basterà organizzare un flyby sopra il polo sud in modo che la sonda voli all’interno del vapor acqueo e faccia tutti i rilevamenti del caso. Cosa resa ancor più attraente dal fatto accertato che i supposti “soffioni” entrano in funzione sempre e solamente quando la luna si trova a percorrere il tratto della sua orbita che la porta più lontano da Giove. Sembra ripetersi, con disarmante somiglianza, la vicenda che una decina d’anni fa accentrò su Encelado, una piccola luna di Saturno, l’attenzione della comunità scientifica. Anche in quel caso furono avvistati dei geyser in eruzione nel periodo in cui la luna era lontana da Saturno, e furono effettuati due flyby che portarono la sonda Cassini ben dentro la nuvola di vapor acqueo e ghiaccio creata dalle eruzioni. Sono passati circa otto anni, nuovi dati si aggiungono ai vecchi, il dibattito sulla natura di Encelado è ancora acceso, e riguardo all’esistenza o meno di una vasto oceano sotterraneo non c’è ancora accordo. Può darsi che la tecnica del flyby, in questo caso, abbia dato il suo massimo e per risolvere il mistero non rimanga davvero altro da fare che scendere sulla superficie e trivellare. Ma di Encelado, Dione e sopratutto Tritone, una delle lune di Nettuno, parleremo diffusamente in un prossimo articolo.

Pluto system - credit NASA ESA SETI  Institute(Nell’immagine: il sistema di Plutone – Credit: NASA, ESA, SETI Institute). Forti delle precedenti scoperte, molti ricercatori si stanno chiedendo se non sia il caso di mettersi alla ricerca dell’acqua anche più lontano dal Sole, cioè nella Fascia di Kuiper. Due ricercatori dell’Università della California, Guillaume Robuchon e Francis Nimmo, basandosi sui loro modelli di evoluzione termica, hanno descritto Plutone come dotato di due strati, di cui il più esterno costituito da ghiaccio secco, l’altro da ghiaccio d’acqua. Sotto questa rigida crosta, spessa nei modelli circa 165 km, si agita un oceano sotterraneo della stessa dimensione, e infine un nocciolo roccioso. In un articolo pubblicato su Astrobiology Magazine hanno avanzato un’ipotesi suggestiva: se sull’equatore di Plutone si trovasse un qualche tipo di rilievo di altezza superiore ai 10.000 metri, ciò sarebbe un chiaro indizio dell’assenza di un oceano sotto la superficie, perché grandi quantità d’acqua, anche sotterranee, muovendosi per effetto della rotazione del pianeta-nano, sarebbero capaci di livellare simili picchi in superficie. I due scienziati hanno inoltre individuato nei processi di decadimento radioattivo, in assenza degli effetti delle forze gravitazionali che agiscono sulle lune dei pianeti gassosi, l’unica fonte disponibile di calore per mantenere l’acqua in forma liquida. La presenza di potassio sembra essere la migliore spia che tali processi siano tutt’ora in corso, e fortunatamente gli strumenti in dotazione a New Horizons, la sonda che l’anno prossimo eseguirà un veloce flyby di Plutone, saranno in grado di rilevare tanto un’abnorme quantità di potassio in superficie, quanto l’esistenza di alti picchi, vallate e perfino grossi geyser in fase eruttiva.

Secondo Steve Desch non solo Plutone, ma anche Caronte, il compagno con cui forma un vero e proprio sistema planetario binario, potrebbe contenere un oceano sotterraneo composto da acqua e ammoniaca, dove quest’ultima darebbe un contributo essenziale ad abbassare il punto di congelamento dell’acqua, contribuendo a mantenerla liquida. La conclusione di Desch è che tutti i corpi celesti della fascia di Kuiper con densità dell’ordine dei 2 gr/cm3 (quella di Plutone) e un raggio di almeno 500 km, sarebbero in grado di ospitare un oceano sotterraneo, mantenendo l’acqua liquida grazie al calore generato dal decadimento di materiali radioattivi. Analogamente Hanke Hussmann ritiene che tali oceani potrebbero essere ospitati nelle lune Tritone (Nettuno), Rhea e Dione (Saturno), Titania e Oberon (Urano) e perfino nel lontanissimo Sedna, il pianeta-nano che viene oggi considerato il primo oggetto appartenente alla Nube di Oort ad essere stato scoperto.

ROBERTO FLAIBANI

Fonti:

  • Slow boat to Centauri: a millennium journey – exploiting resources along the way
    by Paul A. Gilster – Tau Zero Foundation
    JBIS vol.66 – pp 302-311 – 2013
  • Roth et al., “Transient Water Vapor at Europa’s South Pole,”
    published online in Science 12 December 2013
  • G. Robuchon and F. Nimmo, “Thermal Evolution of Pluto and
    Implications for Surface Tectonics and a Subsurface Ocean”, Icarus, 216,
    pp.426-439, 2011.
  • Desch et al., “Cryovolcanism on Charon and Other Kuiper Belt Objects”,
    38th Lunar and Planetary Science Conference, Texas, USA, 12-16 March
    2007.
  • Hussmann et al., “Subsurface Oceans and Deep interiors of Medium-
    Sized Outer Planet Satellites and Large Trans-Neptunian Objects”,
    Icarus, 185, pp.258-273, 2006

15 gennaio 2014 Posted by | Planetologia, Scienze dello Spazio | , , , , , , , | 2 commenti

Oltre Plutone

Venetia Burney era una bella ragazzina di 11 anni che viveva con la madre vedova ad Oxford, nella casa del nonno Madan Falconer, un distinto aristocratico inglese. In pensione dopo aver diretto la prestigiosa Bodleian Library, il nonno conservava lì il suo ufficio in cui si recava ogni giorno per mantenere i contatti con i colleghi e la sua capillare rete di rapporti personali nello stimolante ambiente culturale della cittadina universitaria. Era un uomo abitudinario e pedante a livello maniacale, al punto di aver affibbiato a ciascuno dei suoi cinque figli due nomi che insieme totalizzavano sempre 15 lettere.

 Kuiper-Belt

Quel giorno, il 14 marzo 1930, durante la colazione che veniva servita immancabilmente alle 08:05 in punto, Venetia stava raccontando ai commensali cosa aveva imparato nel corso della passeggiata attraverso il Sistema Solare organizzata dalla sua insegnante nel parco dell’università il giorno prima. La maestra aveva disegnato sulla lavagna il Sole come un cerchio di 60 cm di diametro, e aveva condotto i ragazzi fuori dall’aula per posizionare opportunamente i pianeti. La Terra era stata rappresentata da un pisello posto a circa duecento passi dalla lavagna, e la passeggiata si era conclusa piazzando Saturno, simboleggiato da una pallina da golf, a quasi un chilometro più in là. La maestra spiegò che per Urano e Nettuno non c’era stato niente da fare, non essendo disponibile quel giorno il pulmino della scuola.

OltrePlutoneTimes

Ma il vocione del nonno interruppe l’ilarità seguita alle parole di Venetia: “Proprio a fagiolo!”, esclamò il vegliardo, dispiegando sul tavolo una copia del Times fresca di stampa, dove si annunciava la scoperta del nono pianeta del Sistema Solare, e della necessità di attribuirgli un nome. Venetia, appassionata di mitologia greco-romana, colse l’attimo e disse forte e chiaro: “Perché non lo chiamano Plutone? Il dio degli Inferi vive nell’oscurità e indossa un elmo che lo rende invisibile: ciò spiegherebbe il fatto che ci son voluti 84 anni per scoprirlo”. Al colmo dell’entusiasmo nonno Madan si precipitò dal suo buon amico Herbert Turner, ex Astronomo Reale, per mettere in moto il processo che il primo maggio successivo impose il nome Pluto al nuovo pianeta.

 pluto-system-july-2012-charon-kerberos-nix-styx-hydra-lgCaròn dimonio, con occhi di bragia…

 E’ passato quasi un secolo da quel giorno del 1930, le nostre conoscenze sul Sistema Solare esterno sono aumentate considerevolmente, e Plutone è stato senz’altro uno dei protagonisti. Nel 1978 Jim Christy scoprì il principale satellite naturale di Plutone, Charon (Caronte, il diavolaccio che, nella Divina Commedia, traghetta le anime dei morti attraverso il fiume Stige), utilizzando uno strumento chiamato Star Scan, in dotazione al Naval Observatory di Flagstaff. Plutone e Caronte sono davvero una strana coppia: il minore possiede una massa pari al 22% di quella del maggiore, distano solo 19.000 km l’uno dall’altro, e misurano il primo 2300 km di diametro, il secondo circa la metà, cosicché il centro di gravità attorno al quale i due orbitano si trova fuori del corpo del maggiore. Un fatto unico nel Sistema Solare che permette di considerarli come un pianeta binario piuttosto che come due corpi distinti. Il periodo di rotazione di Plutone è uguale al periodo di rivoluzione di Caronte, e ciò significa che l’uno presenta all’altro sempre la stessa faccia e viceversa. Nel 2005 Max Mutchler e Andrew Steffl scoprirono, indipendentemente l’uno dall’altro, due nuovi piccoli satelliti di Plutone: Nix e Hydra, mentre altri due, Kerberos e Styx, furono scoperti rispettivamente nel 2011 e nel 2012 da una squadra di astronomi operante sul Telescopio Spaziale Hubble sotto la direzione di Mark Showalter dell’Istituto SETI. Nel 2005, in seguito alla ridefinizione del concetto di pianeta, Plutone fu declassato da pianeta a pianeta nano, ma fu creata la famiglia dei Plutini, cioè un gruppo di pianeti nani accomunati dal fatto di avere Plutone come modello di riferimento per molte caratteristiche morfologiche e orbitali.

 310px-EightTNOsL’esplorazione diretta

 Nel gennaio del 2006 fu lanciata la sonda New Horizons, con destinazione Plutone. Tra circa un anno e mezzo la sonda eseguirà un flyby velocissimo del pianeta binario, per proseguire poi il più possibile all’interno della Fascia di Kuiper [in questo preceduta soltanto dal leggendario Voyager2 – notizia errata  24/12/13]. Non si conoscono ancora con certezza quali saranno gli obiettivi di questa “missione estesa”, ma un gruppo di ricercatori dell’Università del Tennessee ha selezionato un piccolo numero di bersagli e svolto un primo lavoro preparatorio sulle traiettorie che si potrebbero seguire per raggiungerli. Le loro principali caratteristiche fisiche e orbitali sono raggruppate nella tabella qui sotto:

Quaoar (è il nome di una divinità dei nativi americani), fu scoperto il 5 giugno 2002 con il glorioso telescopio Schmidt di Monte Palomar. La superficie dell’oggetto sembra essere di natura rocciosa, a conferma della sua alta densità, e ricoperta da un velo di cristalli di ghiaccio, metano ed etano. Possiede perfino un satellite, Weywot.

 Haumea ruota sul suo asse con un moto velocissimo e un periodo intorno alle quattro ore; due piccoli satelliti composti di ghiaccio puro gli orbitano intorno e altri due frammenti simili si muovono su orbite leggermente differenti a poca distanza. Haumea potrebbe con buona ragione essere considerato un esempio di pianeta nano coinvolto anticamente in una collisione, come molti altri corpi ghiacciati della Fascia di Kuiper, prima fra tutte la “strana coppia” Plutone-Caronte.

OltrePlutoneTabella

 Makemake, noto anche come Easter Bunny (coniglietto pasquale) per essere stato scoperto intorno a Pasqua 2005, non ha niente di speciale, se non il fatto di essere tra i più luminosi oggetti transnettuniani senza che gli scienziati ne abbiano ancora trovato la ragione. In quei giorni i media mondiali erano travolti dalle notizie relative alla morte imminente di Papa Giovanni Paolo II. Le malelingue della comunità scientifica narrano che l’autore della scoperta, Mike Brown, esasperato dal bombardamento mediatico, era intenzionato a proporre per il pianetino il nome di Dead Pope, ma fu fermato dalla opposizione inflessibile della moglie.

 Eris, il 5 gennaio 2005, giorno della sua scoperta, venne scambiato per il mitico Pianeta X, di cui si favoleggiava da anni. Più grande e 3 volte più luminoso di Plutone, il nuovo pianeta nano fu inizialmente chiamato Xena in omaggio a una bella attrice di un serial televisivo.

 Sedna, la dea del mare degli Inuit, la popolazione nativa della Groenlandia, ha prestato il suo nome ad un corpo celeste misterioso, considerato al momento il più lontano oggetto di ragguardevoli dimensioni orbitante intorno al Sole. Ha un diametro di 1800 km, e un’orbita con il perielio a 76 UA e l’afelio a 937 UA, cioè del tutto esterna alla Fascia di Kuiper e al sicuro da perturbazioni gravitazionali provocate da Nettuno. La scoperta di Sedna risale al 15 marzo 2004, e i suoi parametri orbitali così estremi potrebbero essere spiegati dalla teoria della migrazione dei giganti gassosi.

 

 mikebrown Chad_Trujillo

Uomini e  macchine

Mick Brown, Chad Trujillo e Dave Rabinowitz  sono stati i veri mattatori nella ricerca dei pianeti nani della Fascia di Kuiper, e di conseguenza i principali responsabili del declassamento di Plutone da nono pianeta a pianeta nano, e della sua trasformazione in araldo di una nuova famiglia di corpi celesti chiamati Plutini, come lui in risonanza orbitale di 3:2 con Nettuno. Mick era professore associato al CalTech, aveva nella sua squadra il brillante Chad Trujillo, molto abile in informatica e già suo assistente al CalTech, e David Rabinowitz, specializzato in fotografia astronomica. Nel corso di una visita all’Osservatorio di Monte Palomar, Mick ebbe il suo primo incontro con il vecchio Samuel Oschin Schmidt Telescope, che stava per essere messo in disarmo. Ma con il suo grande campo visuale di 6°x6°, quel telescopio era perfetto per la ricerca di corpi celesti situati ai confini del Sistema Solare. Brown lo fece equipaggiare con tre camere CCD, il sistema fu messo in attività all’inizio del 2002 e subito cominciò a mietere i primi successi, scoprendo Quaoar.David_RabinowitzLa ricerca ingranò il turbo quando i tre ebbero a disposizione l’attrezzatura del QUEST (Quasar Equatorial Survey Team) con i suoi 112 rilevatori CCD, per un totale di 161 milioni di pixel. A partire dal settembre del 2003 la pioggia diventò tempesta, si arrivò fino ad avvistare e certificare un nuovo nano ghiacciato ogni giorno. Così, uno dietro l’altro, vennero scoperti Quaoar, Sedna, Eris, Makemake, Haumea e molti altri corpi minori

dwarf-orbitsTraiettorie, flyby e fionde gravitazionali

I ricercatori dell’Università del Tennessee non si sono limitati a scegliere i bersagli più interessanti per i futuri flyby, hanno anche provato a disegnare le traiettorie più convenienti sopratutto in funzione del consumo di carburante e della durata del viaggio. Si è fatto gran conto sull’effetto fionda gravitazionale, che per voli così lunghi è assolutamente indispensabile, prevedendo assist da parte di Venere, Saturno e sopratutto Giove. Non è possibile in questo blog dedicato alla divulgazione addentrarsi in profondità in problemi di astrodinamica, ma vorremmo sottolineare che le traiettorie più convenienti sono straordinariamente in sintonia con quella che sta attualmente percorrendo New Horizons nella sua corsa verso Plutone. In altre parole, gli esperti indipendenti del Tennessee approvano le scelte della NASA, almeno per quanto riguarda l’astrodinamica. In estrema sintesi, per una sonda con le caratteristiche della New Horizons, Quaoar è raggiungibile in 13,57 anni utilizzando le finestre di lancio del 2027-2028-2030, e così Haumea 14,25/2026, Makemake 16,04/2024, Sedna 24,48/2033, Eris 24,66/2032. Da ricordare inoltre che, fino a quando non disporremo di un nuovo tipo di propulsione, l’unico tipo di missione realizzabile su simili distanze è il flyby, perché qualsiasi manovra nel corso del volo risulterebbe troppo costosa in termini di consumo di propellente.

 Scienze dello spazio profondo

 L’ esplorazione della Fascia di Kuiper porterà maggiori conoscenze in diversi settori e contribuirà alla verifica di modelli e teorie. Eccone alcuni:

  •  Il grande oceano sotterraneo di Europa è ormai quasi una certezza, ed è molto probabile che simili oceani esistano anche nel cuore di altre due grandi lune di Giove, Ganimede e Callisto, e forse anche di Encelado, luna di Saturno. Ma ora perfino Plutone e con esso una larga parte dei maggiori pianeti nani della Fascia di Kuiper sono stati candidati ad ospitare simili oceani. Rispondere a questa domanda è una questione di primaria importanza.

  •  robinphotoLa cosiddetta teoria degli impatti, elaborata da Robin Canup, una stravagante e geniale figura di astronoma, esperta informatica e danzatrice classica, era stata inizialmente applicata al sistema Terra-Luna, che provocatoriamente viene definito da alcuni “l’altro pianeta binario”. In questa ipotesi, la Terra e la Luna sarebbero entrate in collisione ai primordi del Sistema Solare, e gli attuali grandi “mari” sarebbero le cicatrici che la Luna porterebbe in seguito a quegli eventi remoti. Ma, una volta adeguato l’impianto matematico della teoria, si tentò di applicarla anche ad alcuni corpi celesti della Fascia di Kuiper, per esempio Plutone/Caronte e Haumea, e altri, con risultati molto positivi. Da ciò si può capire che la Fascia, in tempi lontanissimi, è stata molto affollata e ha funzionato a lungo come palestra per la formazione di nuovi pianetini. Si vuole approfondire la teoria e sottoporla a sempre nuove verifiche. (Nella foto, Robin Canup)

  •  Confini e popolazioni della Fascia di Kuiper. La Fascia si estende al di là dell’orbita di Nettuno (30 UA), adagiata sul piano dell’eclittica fin verso le 50 UA, dove termina bruscamente. E’ popolata da un grande numero di pianeti nani divisi in gruppi e famiglie, da semplici asteroidi e comete di corto periodo e da nuclei cometari esausti. Tra le maggiori famiglie di pianetini si notano i Plutini, i Centauri, gli oggetti del Disco Diffuso, i KBO classici. E’ importante continuare il censimento e la catalogazione di questi corpi celesti.

  • NizzaIl Modello di Nizza, e con esso  la teoria della migrazione dei pianeti e buona parte delle teorie e dei modelli citati precedentemente, è considerato, limitatamente allo studio dei primordi del Sistema Solare, il miglior strumento teorico oggi disponibile. Studiando la Fascia di Kuiper gli esperti troveranno nuovi elementi per approfondirlo, confermarlo o, al limite, confutarlo. (Nella foto: migrazioni – doppio click per ingrandire)

ROBERTO FLAIBANI

Fonti:

 1.

A Survey of mission opportunities to trans-neptunian objects

JBIS vol.64 – 2011 – pp296-303

Authors: Ryan McGranaghan, Brent Saga, Gemma Dove, Aaron Tullos, J.E. Lyne and Joshua P. Emery- University of Tenne- Knoxville Tennessee

 2.

Govert Schilling: “The Hunt for Planet  X”

Springer – 2007

24 dicembre 2013 Posted by | Astrofisica, Astronautica, Planetologia | , , , , , , , , , , | 4 commenti

I Congiurati di Plutone

Plutone diurnoSebbene il cielo sia assolutamente terso, cade una neve  leggera: è il freddo estremo della sera che fa solidificare il metano e l’anidride carbonica della tenue atmosfera del pianeta. I cristalli ricoprono il terreno gelato, e consentono a un piccolo gruppo di sportivi di muoversi sui loro sci riscaldati (per favorire la sublimazione del ghiaccio secco e aumentare la scivolosità) e concedersi qualche ora di sci di fondo nel morbido paesaggio notturno. Più tardi, per niente affaticati da una forza di gravità molto inferiore a quella terrestre, volta la direzione di marcia verso le luci lontane dell’avamposto, vedranno il Sole sorgere sulle colline, anonima stellina un po’ più brillante delle altre. Quanto basta però per innalzare la temperatura al suolo di un paio di gradi e dare inizio al processo di sublimazione su larga scala, che riporta metano e anidride carbonica in forma aerea. Mentre i terrestri ripongono gli sci e si apprestano al loro turno di lavoro, qualche volta, specie in estate, a grande altezza si formano pochi, pallidi cirri che tingono il nero cielo di Plutone con morbidi toni di giallo, bianco e rosa. Dopo 85 anni dalla sua scoperta, dopo essere stato declassato a pianeta nano e aver ricevuto il numero asteroidale 134340, il 14 luglio 2015 Plutone sarà raggiunto e sorvolato alla distanza di 10.000 km. dalla sonda New Horizons.

 Plutone SistemaSiete liberi di non crederci, ma ormai è un fatto storico comprovato: la lobby scientifica conosciuta come “I Congiurati di Plutone”, fu costituita nel maggio 1989 a Baltimora, in un piccolo ristorante italiano, consumando pizza e vino rosso. C’erano Alan Stern, vero padre del progetto, del Southwest Research Institute di Boulder in Colorado, oggi Principal Investigator della missione New Horizons, e una decina tra planetologi, esperti di asteroidi e qualche ingegnere. I Congiurati si diedero il compito di convincere la NASA a organizzare una missione diretta al sistema di Plutone nel minor tempo possibile. L’iniziativa ebbe dapprima buona accoglienza e il progetto dei Congiurati, chiamato Pluto 350 (il numero si riferiva al peso della sonda in kg) fu sottoposto a studi più approfonditi. Negli anni successivi, però, lo stesso Alan Stern, nella sua qualità di presidente del Gruppo Scientifico di Lavoro sui Pianeti Esterni, accantonò Pluto 350 preferendogli il Pluto Fast Flyby, un progetto che si basava su una coppia di veicoli spaziali gemelli del peso di soli 75 kg ciascuno, ideati da Robert Staehle e Stacy Weinstein del Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena. Stern, inoltre, aggregò all’impresa l’Istituto russo di Ricerca spaziale (IKI), che si offrì di fornire due piccoli lander destinati a Plutone, e l’economico missile vettore Proton. Il nome della missione fu cambiato in Pluto Express, si era nel 1995.

Cintura KuiperNegli anni che seguirono il progetto fu sottoposto a feroci critiche di carattere economico e a nulla valse l’ampliamento della missione ad alcuni oggetti transnettuniani. Nell’autunno del 2000, la NASA tentò perfino di cancellare la missione, ma Ted Nichols, uno studentello di liceo, raccolse su Internet, in una sola settimana, ventimila firme in calce a una petizione di protesta, e l’Agenzia dovette fare un passo indietro, garantendo la fattibilità della missione, purché non costasse più di 500 milioni di dollari. Fu indetta una gara dalla quale emerse vincitore il progetto New Horizons così com’è oggi. Nel 2003, infine, la missione dovette essere difesa da un altro tentativo di siluramento, questa volta a opera della Casa Bianca, sotto pressione a causa della crisi economica.

La sonda venne lanciata il 19 gennaio 2006, giusto in tempo per sfruttare, alla fine di febbraio 2007, l’effetto fionda gravitazionale di Giove che generò un incremento della sua velocità di 4 km/s, indispensabile per presentarsi al flyby con Plutone, nel 2015, alla velocità residuale di ben 14km/s. Dopo il flyby, infatti, la sonda continuerà il suo viaggio di esplorazione addentrandosi nella Fascia di Kuiper per una decina d’anni, finchè il piccolo generatore termonucleare con cui è equipaggiata sarà funzionante. A chi chiede come mai non sia stato previsto che New Horizons entrasse in orbita intorno a Plutone, per una esplorazione più approfondita, i responsabili della missione rispondono che ciò è dovuto proprio all’alta velocità con cui la sonda si muove: la frenata che sarebbe necessaria per effettuare tale manovra comporterebbe un enorme consumo di carburante.

New Horizons dettagliLa sonda pesa 481 kg, di cui 30 costituiti da strumentazione scientifica (vedi foto a sinistra) e monta un’antenna a disco di 2,5 metri per tenere i contatti con la Terra. Il viaggio viene effettuato per la maggior parte del tempo in condizione di “ibernazione elettronica” per risparmiare energia; condizione da cui esce per brevi periodi programmati, allo scopo di verificare la rotta, il funzionamento dei sistemi di bordo e per caricare gli aggiornamenti del software. Costo della missione: 650 milioni di dollari.

 ROBERTO FLAIBANI

Fonti:

26 marzo 2013 Posted by | Astronautica, Planetologia, Scienze dello Spazio | , , , , | 1 commento

Acqua, acqua, ovunque

La nostra visione del Sistema Solare è completamente cambiata negli ultimi cinquant’anni. Ditelo a una festa, e chi vi ascolta darà per scontato che vi stiate riferendo a Plutone, il cui declassamento ha provocato più reazioni di qualsiasi altra recente notizia sui pianeti.Ma in aggiunta a tutto quello che abbiamo appreso dalle sonde, la nostra visione del Sistema Solare composto da un piccolo numero di pianeti, ora comprende un enorme numero di oggetti a immense distanze. Cinquant’anni fa , una Cintura di Kuiper di gran lunga più popolata della fascia principale degli asteroidi era solo teoria. E i primi modelli dl Sistema Solare con i quali sono cresciuto non includevano mai nessuna rappresentazione di una immensa nuvola di comete (ndt: la Nube di Oort), che si estendeva fino a cinquantamila Unità Astronomiche di distanza.

Abbiamo anche cominciato a capire che l’acqua allo stato liquido, una volta considerata esclusiva della Terra, potrebbe abbondare in tutto il Sistema. Caleb Scharf si occupa dell’argomento in un recente articolo apparso su Life Unbounded, prendendo nota di cosa i nostri modelli teorici ci dicono sulla presenza di oceani interni in svariati oggetti celesti.

Si può fare molto con modelli puramente teorici che cercano di determinare il giusto equilibrio idrostatico tra il peso di un corpo celeste e le sue forze di pressione interne, sia che siano esercitate in stato gassoso, solido o liquido: energia termica proveniente dalla formazione dei corpi stessi, calore generato dal decadimento radoattivo di isotopi d’origine naturale, tutto gioca un ruolo. Basta inserire qualche dato reale, per esempio misurazioni inerenti a luoghi come Europa o Titano, perché i nostri modelli diventino molto meglio calibrati. L’aspetto intrigante è che si può giocare variando la composizione e la stratificazione interna del materiale di un corpo planetario per trovare la combinazione che funziona meglio. Di conseguenza si può fare una stima della natura e dell’estensione di qualsiasi zona di acqua allo stato liquido situata sotto la superfice.

Scoprire oceani interni

I dati diventano impressionanti, come dimostrano Hauke Hussmann e colleghi in un testo del 2006 apparso sulla rivista Icarus. Si inizia con Galileo, la missione verso Giove che ha riportato dati sufficienti per cambiare la nostra visione delle lune del pianeta gigante. Galileo ha scoperto campi magnetici secondari indotti nelle vicinanze di Europa, Callisto e Ganimede, fornendo consistenti prove sperimentali a sostegno dell’ipotesi che esistano oceani sotto le loro superfici. Si pensa che tali campi siano generati da ioni contenuti in uno strato d’acqua allo stato liquido presente sotto la crosta ghiacciata esterna. Indubbiamente Europa è diventata un obiettivo primario per una futura ricerca di astrobiologia, grazie alla prospettiva di trovare, oltre all’acqua, anche una crosta di ghiaccio sottile.

L’articolo di Hussmann prosegue calcolando i modelli di strutture interne per corpi celesti ghiacciati di medie dimensioni nel Sistema Solare esterno, supponendo come acquisito l’equilibrio termico tra calore di origine radioattiva prodotto dal nucleo e la perdita di calore attraverso la crosta di ghiaccio. Ora possiamo davvero cominciare a espandere il quadro. Il testo dimostra che l’esistenza di oceani sotto la superficie è plausibile non solo nel caso, ora ovvio, di Europa, ma anche di Rhea, Titania, Oberon, Tritone e Plutone. Un esempio può essere costituito anche dagli oggetti trans-nettuniani (TNO) 2003-UB313, Sedna e 2004-DW. Hussmann dice:

Nei corpi celesti qui in discussione, gli strati liquidi sono in diretto contatto con i nuclei rocciosi. Ciò contrasta con gli oceani interni nei grandi satelliti ghiacciati come Ganimede, Callisto o Titano, dove essi sono racchiusi tra una crosta di ghiaccio comune sopra e da strati di ghiaccio supercompressi sotto. Il contatto tra l’acqua e i silicati permetterebbe uno scambio molto efficace di minerali e sali tra le rocce e l’oceano nelle zone interne di questi satellti di medie dimensioni.

E’ interessante notare che Encelado, come risulta dai continui esami a cui è sottoposto dalla sonda Cassini, non si accorda col modello Hussmann. Nel documento si segnala infatti che sorgenti di calore diverse da quella originata dal decadimento radioattivo servirebbero per sostenere un tale oceano, con l’ovvia opzione rappresentata dal calore sviluppato dalle maree. Abbiamo molto da imparare su Encelado: il testo affronta argomenti come la storia della sua orbita, e fa paragoni con Mimas, dove la forza della marea è molto più intensa. Ma le conclusioni sono chiare: abbiamo necessità di una maggior mole di osservazioni per chiarire se gli oceani interni sono o meno un fenomeno comune nel Sistema, tra le lune e i corpi celesti ghiacciati come gli oggetti trans-nettuniani.

Oceani oscuri e lontani

Hussmann e colleghi partono dall’assunto che i bacini sotterranei in questi mondi esterni si trovino sotto una crosta di ghiaccio spessa oltre 100 chilometri, abbastanza perchè ci sia poco collegamento tra tali bacini e le caratteristiche di superficie. Ma lo studio dell’interazione tra questi oceani e i campi magnetici e le particelle cariche che li circondano, e le reazioni dei corpi celesti alle maree esercitate dal corpo primario (ndt: uno dei pianeti esterni, nel nostro caso), possono aiutarci a confermare o smentire l’esistenza degli oceani stessi. Qui c’è lavoro per generazioni di sonde spaziali, ma se azzecchiamo il modello giusto fin dall’inizio, allora potremo fare ragionevoli estrapolazioni a proposito dell’onnipresenza dell’acqua.

Il modello proposto nel documento, dicono gli autori, non è applicabile a Ganimede, Callisto e Titano, ma vedo che nel suo articolo Scharf afferma che Titano potrebbe avere un volume di acque dieci volte superiore a quello degli oceani terrestri. Questi sono i dati che contano. Come dice Scharf:…”questi corpi celesti da soli potrebbero fornire una quantità d’acqua allo stato liquido da dieci a sedici volte maggiore di quella presente sulla Terra.” Mettiamo nel conto anche gli oggetti trans – nettuniani, aggiungiamo la possibilità di un eventuale riscaldamento d’origine radioattiva, e otterremo quanto meno l’eventualità che i TNO siano la più estesa sorgente di acqua allo stato liquido dell’intero Sistema Solare.

Non avevamo forse detto che la nostra visione del Sistema era cambiata? Questa rivoluzione continua non appena ci addentriamo nella Cintura di Kuiper. Speriamo che la sonda New Horizons scopra un piccolo TNO da studiare, nel corso del suo viaggio oltre Plutone e Caronte, ma forse potremmo sperare nel lancio di sonde destinate a orbitare intorno ai satelliti dei pianeti esterni o ad altri oggetti, aiutandoci a comprenderne la composizione interna. Se si avvalora la prospettiva che esistano bacini d’acqua interni nelle proporzioni indicate precedentemente, allora tutta la Cintura di Kuiper avrebbe un seppur minimo potenziale astrobiologico.

Titolo originale:“Water, Water, Everywhere” scritto da Paul Gilster e pubblicato in Centauri Dreams il 18 febbraio 2011. Traduzione italiana di Roberto Flaibani, editing di Beatrice Parisi. Le illustrazioni riproducono alcune opere del pittore Giulio Corcos, che ringraziamo con simpatia. Questo articolo segna la nostra partecipazione al Carnevale della Chimica, terza edizione, e inaugura una fase di collaborazione con Centauri Dreams, che ci auguriamo lunga e fruttuosa.

Fonte: Hussmann et al., “Subsurface oceans and deep interiors of medium-sized outer planet satellites and large trans-neptunian objects,” Icarus Vol. 185, Issue 1 (2006), p. 258-273.

21 marzo 2011 Posted by | Carnevale della Chimica, Planetologia, Scienze dello Spazio | , , , , , , , , | 2 commenti