Il Tredicesimo Cavaliere

Scienze dello Spazio e altre storie

Uno Strumento per la lotta all’Entropia

segue da: “La Buona Cucina, lo Zen e l’Arte di Manutenzione dell’Universo”

rlightfootIl denaro è dunque il primo oggetto che nasce con un’anima, il primo e forse l’unico. Ed ormai potremmo addirittura dire che, con l’esistenza del denaro elettronico, forse il denaro, se ha un’anima, è l’unico fenomeno energetico puramente spirituale o almeno immateriale che si dia sul nostro pianeta: un fenomeno, una energia, in grado di spostare montagne ma che esiste solo sotto forma di bit, energia pura, all’interno di un computer. Solo che la quantità di energia che rappresenta un milione di dollari in un computer di una banca ammonta probabilmente a pochi erg, pochi watt o quel che sia: poca roba. Ma un milione di dollari può spostare una montagna (per la riproduzione della foto si ringrazia risorsedellamente.it)

Potrebbe perfino essere vero che sarà il denaro a salvare l’universo dall’entropia, perché no? Non vi sembri una bestemmia, anche se può sembrare troppo materialistico, non è forse vero che è il denaro che fa girare il mondo? Non la forza di gravità, il denaro! Cessate di considerarlo come l’obiettivo dell’imprenditore, del capitalista, come la caratteristica dell’uomo ricco, e consideratelo come una delle forze della natura, come la forza elettromagnetica, o la luce o quelle deboli.

Dato che è il denaro che fa sì che voi possiate fare ricerca e sarà il denaro renderlo possibile nel futuro, sarà forse un adeguato ammontare di denaro che permetterà di scoprire il sistema per sconfiggere l’entropia e mantenere l’universo per come è e permettergli di continuare ad evolversi o di crearne altri all’infinito. Chissà forse il “Big Bang: oltre ad essere una ricetta ben eseguita è stato anche il progetto ben realizzato e ben finanziato di qualcun altro, forse di Dio o di un qualche dio.

Se è così viene da pensare che la scoperta del modo di fermare l’entropia si realizzerà quando sarà economicamente conveniente che accada. O forse quando ci sarà qualcuno abbastanza ricco da decidere di comprarsi l’immortalità. Per ora nemmeno Bill Gates ci potrebbe riuscire. O se ci può già riuscire, fra cento anni sarà ancora lì a comandare la Microsoft. Certo esiste sempre la possibilità teorica di un patto con il diavolo. Anche se c’e’ già chi dice che il diavolo è proprio Bill Gatesyounggates

E’ anche possibile che in futuro, così come non mangeremo più, non cucineremo più, non avremo più bisogno di denaro e ci sarà una qualche forma di società e di economia in cui non ci sarà bisogno di denaro in qualunque forma. Ma probabilmente anche in quel caso, non saremo più umani.

Altra considerazione interessante da fare a proposito del cibo, dell’entropia e del denaro. Molti di noi non credono di essere soli, in questo universo; molti credono che là fuori ci siano altre forme di vita in assoluto e probabilmente, sperabilmente, altre forme di vita intelligente. Anzi, tanto vale sperare che siano forme di vita più intelligenti della nostra.

Tutti sappiamo, per lo meno fra gli appassionati di fantascienza, che esistono teorie che vogliono che gli alieni, se esistono, siano necessariamente intelligenti e pacifici, perché altrimenti si sarebbero autodistrutti e, come noi, non potrebbero nemmeno sperare di poter raggiungere lo spazio se non con forme di cooperazione complessa. Investendo molto denaro e pensando a cosa portarsi appresso da mangiare durante il viaggio.

star_trek_t__pol_2_by_technoranma-d5csrm1Mi sembra però evidente che questi alieni, buoni o cattivi che siano non sono altro che nostre proiezioni. A seconda dei momenti storici, nei film come nella letteratura di fantascienza, gli alieni rappresentano i nostri sogni o i nostri incubi, desideri e paure. Non sono un appassionato di ufologia, non credo esista una Area 51 piena di cadaveri di omini verdi; ed ho idea che, dato che c’è un momento per ogni cosa sotto il Sole, come dice l’Ecclesiaste, vedremo poi quando sarà il momento; nel frattempo occorre solo aspettare o leggere buoni romanzi di fantascienza per puro divertimento e qui possiamo fare tutte le supposizioni che vogliamo.

E, per me, le domande sono state non tanto che forma hanno o se saranno capaci di costruire navi spaziali; quanto e soprattutto se saranno o meno capaci di (oppure obbligati a ) cucinare e ridere. Se sono vivi si devono nutrire in qualche modo. Cucineranno? Se sono vivi, sono al 99,9% destinati a riprodursi ed a morire. Saranno capaci di riderne?

Lo Zen, spesso, racconta una storia per raccontarne un’altra; lo sto facendo anche io anche se sto parlando di cucina

Il fatto è che la buona cucina è la migliore premessa per la convivialità e per l’allegria (che èsevenofnine energia di campo che nasce dal nulla) e quando si mangia in allegria si ride.

Io credo che sia il riso che combatte l’entropia, sono il riso ed il piacere che rallentano l’entropia tant’è vero che il massimo assoluto del divertimento per molti è raccontare barzellette dopo una ottima cena passata con amici sinceri.

Ma occorre chiedersi anche: perché si ride?

Statua_di_Buddha_che_ridePerché Budda ride? Cosa c’e’ da ridere? Se tutto è illusione e quindi anche il piacere non è che la premessa alla sofferenza, cosa c’e’ da ridere? Ridere è un piacere, e allora perché il Budda ride?

Perché sul fatto che il Budda rida, non c’e’ dubbio, anzi. Le rappresentazioni del Budda ridente sono molte, ma una delle più diffuse è quella del Budda seduto, panciuto e ridente, che in cinese viene chiamato Mi-lo-fo, in indiano Maytreia, in giapponese Ho-tei, ed ovunque rappresenta la gaiezza e spesso viene rappresentato con un sacco colmo di doni e circondato da bambini .

Proprio come Santa Klaus, certo. Sapevate che “Babbo Natale”, Santa Klaus è seppellito in Italia, non molto lontano da qui, a Bari? Santa Klaus è San Nicola, era un proto-russo vissuto nel VI secolo dopo Cristo, fu seppellito in Armenia, dopo aver compiuto molti viaggi, fra cui alcuni per cristianizzare il nord della Germania; faceva la “dote” come dono alle donne povere, ed i pirati italiani ne rubarono nel medioevo il corpo che era in Turchia e lo portarono nella cattedrale di Bari.

Ma ho divagato.Torniamo a Budda, a Gotama, a Siddartha.

Lui aveva scoperto che la vita è gioia ma anche sofferenza ed che occorre uscire dalla ruota della vita per raggiungere il nirvana o samadhi, anche se a me questo non pare molto convincente.

gattocheridePerò Budda ride. Questo è poco ma certo. Ed il saggio zen fra le tante cose che dovrebbe sapere dovrebbe anche sapere perché se incontri il Budda, devi ucciderlo. Perche? Puro nonsense asiatico? Hanno gli occhi stretti e ci vedono male? Non credo. Credo che attraverso la fimosi palpebrale, gli asiatici abbiano imparato a vederci anche meglio degli occidentali.

Io non ne sono sicuro, ma credo di aver capito. So cosa deve fare un saggio zen quando cucina: ho letto un bellisimo libro di Suzuki, nel quale. è detto che fra le molte cose, la più importante è cucinare in letizia. E credo anche che dietro ogni koan si ode una risata di qualcuno: forse è una presa in giro, forse è una risata di sollievo, forse è divertimento puro, forse Siddartha ha veramente raggiunto la pace, e quello è l’ultimo suo suono personale chissà.

In conclusione: la fine dell’universo è per ora certa, così come è certo che è lontana e che molto probabilmente non saremo lì a vederla, non solo come individui, ma nemmeno come specie. Se avremo dei discendenti che fra diciamo 15 miliardi di anni saranno lì a vedere cosa succede, quasi sicuramente non avranno molto in comune con la specie umana: è un periodo di tempo troppo lungo per restare umani. Ma per arrivarci loro avranno bisogno di noi, della nostra capacità di convivialità, delle nostre ricette e della nostra autoironia. Se no non ci arrivano nemmeno loro. Non vivi.

Non va di moda dirlo ma io sono un positivista, un materialista, ed un agnostico. Ho anzi l’impressione che in questa fine di secolo e di millennio i valori di fine secolo scorso siano più che mai validi, quindi di essere un positivista eccetera me ne vanto.

Qual’è lo stato del nirvana per cui il Budda ride? Non lo so e non lo saprò probabilmente mai. Ma visto che gli opposti si toccano, qual’è allora il suo opposto, la negazione del nirvana, della felicità del perdersi nel nulla?

La felicità della convivialità.

pranzo_di_babette_stephane_audran_gabriel_axel_008_jpg_bizsQuesta foto è tratta dal “Pranzo di Babette”, un film danese, di Gabriel Axel, tratto da un racconto di Karen Blixen (o se preferite Isak Dinesen), film che nel 1987 ha vinto il premio oscar come miglior film straniero. Nel caso non lo aveste visto ve lo racconto io brevemente. Babette è una cuoca francese ospitata ed adottata ai tempi della Comune di Parigi da una famiglia di luterani danesi osservanti ed un po’ bigotti anche se non aspri o cattivi. Dopo un certo numero di anni passati a cucinare cibi poverissimi per loro, Babette che è una grande cuoca eredita 10.000 franchi e li spende tutti per un pranzo da lei cucinato per far vedere a quelle brave ma un po’ ottuse persone cosa vuol dire mangiare bene davvero. Alla fine del pranzo, affrontato con paura e diffidenza dai bravi ma ottusi danesi, il risultato è la felicità più totale, il piacere di stare insieme ad altri amici per mangiare, il piacere di condividere un ottimo pasto, il migliore mai assaggiato nella loro onesta ma un po’ ottusa vita.

Considerate la scena. È una scena di gioia conviviale. È una scena semplice, umana, che chiunque può comprendere: il buon cibo, ben preparato e ben servito, rallegra l’animo di tutti, anche di coloro che non ci sono abituati. E chi veramente non ama la buona tavola e chi non ama i bambini o gli animali (o Cameron Diaz), beh, secondo me non c’è da fidarsene.

Ma considerate anche altre implicazioni di quella scena e di tutto il film. La cuoca viene letteralmente da un’altro mondo. È una aliena, o alieni sono i danesi super religiosi ed un po’ bigotti che la ospitano. La sua Parigi ed il suo ambiente sono letteralmente su un altro pianeta rispetto a quel luogo ed a quelle persone. Due mondi fra loro separati ed inconciliabili. Non comunicanti. Eppure, in quel momento non solo c’e’ gioia. Io credo ci sia anche un forte rallentamento dell’entropia, non esisto a dire che credo vi sia un suo arresto, sia pur momentaneo.

Forse è di questo che ride Budda? Non lo so. Che esista poi un rapporto strettissimo fra la buona tavola, l’allegria e la felicità ed il sesso, beh, è cosa che come dicono i francesi, ça va sans dire. E notoriamente per i francesi il sesso, o l’amore se preferite, si accompagna con pane, formaggio e vino: il che vuol dire proteine, sali minerali, fibra, carboidrati, vitamine ed un extra di energia disinibitoria, un vero e proprio sostentamento energetico rapido ed efficace all’attività sessuale. Vi lascio liberi di fare tutte le considerazioni che preferite da soli, parlarne io sarebbe un’altra conferenza. Credo però sia evidente che il sesso ben fatto aiuti a combattere l’entropia tanto quanto una cena ben fatta. Anzi: io ritengo di più, ma veramente sofianon voglio avventurarmi su questo scivoloso e scabroso percorso.

L’universo come tutte le cose, come tutti i meccanismi va “mantenuto”, va curato, va alimentato, nutrito, protetto, sostenuto nella sua evoluzione. E quella della manutenzione dell’universo in qualche modo più che una scienza non può che essere arte, cioè intuito, quindi razionalità pura e velocissima, libera da condizionamenti tecnici. Eppure arte in greco era tecnè.

L’intuito non ha nulla di irrazionale o di emotivo, l’intuito è un gomitolo di filo, se lo si dipana e si tende il filo si vedrà la linearità del ragionamento. Mentre spesso, troppo spesso, dietro la dichiarata razionalità di una affermazione o di un comportamento si nascondono paure e pregiudizi, desideri e pulsioni quelle sì irrazionali. Non sempre, ma spesso sì. Io penso che sarà quindi l’arte a salvare l’universo, attraverso il suo mantenimento, e gli strumenti saranno per noi umani finché saremo tali, umani, anche al buona tavola. Anzi, anche e soprattutto la buona tavola, giacché vivere di soli elementi organici digeribili e sintetici, o di flebo, in ipotesi, è senza dubbio possibile ma non credo ne valga la pena. Nero Wolfe diffidava di Voltarie, perché era troppo magro.

stregattoL’arte in generale ed in particolare l’arte di ridere, di far ridere e soprattutto quella di saper ridere di se stessi. L’autoironia, io credo, è a massima forma di rallentamento dell’entropia. Devo concludere e non so come farlo. Ho detto sia pure disordinatamente tutto quello che volevo dire. La vita si nutre di vita, la vita cosciente di sé è probabilmente una scommessa che dio, o chi per lui, ha fatto contro sé stesso, sempre se c’è dio e se ama scommettere. Da un lato il progettista dell’universo, perché a occhio questo universo è stato progettato, anche se non so da chi, si è detto: ecco io metto le cose in modo che siano destinate a finire, ci vorrà tempo, tutto il tempo necessario ma finiranno, il gioco finirà; però faccio anche in modo che in questo tutto che finisce ci sia qualcuno che prenda coscienza di sé e, se sarà abbastanza intelligente capirà come funziona tutto, in modo che se ne spaventi e poi riesca a riderne. E che riesca a riderne a tavola, mangiando con gli amici. In questo modo, ridendo, mangiando, comprendendo che certi problemi si risolvono dopo, forse troverà il modo di invertire il corso delle cose. Io scommetto che ce la faranno, si è detto, e poi ha scommesso con sé stesso che non ce l’avremmo fatta. È evidente che lui, o lei, bara, dato che vincerà comunque: ma questo modo di giocare è come andare alla roulette e puntare un dollaro su tutti e 36 i numeri. Uno solo uscirà e pagherà 36 volte la posta: pari e patta. Non mi sembra molto intelligente, quindi non dev’essere proprio così.

Siddhartha_Gautama_meditatingNon so più che dire. Concludo allora con le parole di uno che non amava la buona tavola, ma che diceva di conoscere l’universo meglio di tutti, che lo zen praticamente se non lo ha inventato lui ma quasi, e che doveva essere comunque una persona simpatica, di nuovo lui, Siddharta, Gauthama, il Budda, e per l’esattezza finirò con le sue ultime parole, che sono state, secondo la tradizione osservata da tutti i buddisti, queste: “Orsù monaci io vi esorto, periscono tutte le cose; lottate senza tregua”.

MASSIMO MONGAI

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