Il Tredicesimo Cavaliere

Scienze dello Spazio e altre storie

Gli appunti di Gianfranco su Interstellar

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Avevamo detto e ridetto che non avremmo pubblicato altro su “Interstellar”, dopo che se ne è parlato e riparlato per ben due mesi. Ma poi Gianfranco mi ha passato questi suoi appunti. Si tratta,  a parer mio, di un ottimo articolo che affianca il film alle opere di Bradbury, in una nuova e inedita prospettiva. Non potevamo certo ignorarlo: ecco quindi le riflessioni di Gianfranco de Turris su “Interstellar”. (RF)

Bradbury1(nella foto: Ray Bradbury).

Ho visto Interstellar, anzi sono stato indotto a vederlo, sotto la suggestione di una raccolta di interviste di Ray Bradbury: dodici nell’arco di sessant’anni che escono a gennaio da Bietti col titolo Siamo noi i marziani! che ho curato e introdotto.

In effetti, alla luce di quanto afferma il grande scrittore morto nel 2012, il film di Christopher Nolan si rivela del tutto “bradburyano”. L’ho visto in questa ottica tralasciando le polemiche che lo hanno coinvolto e su cui dirò a conclusione di questi appunti.

Interstellar parla di una umanità su una Terra morente confinata in mezzo al “fango” (come dice il protagonista) perché ha rinunciato volutamente allo spazio, alle stelle: alcuni disastri e il considerare i finanziamenti alla NASA come soldi sprecati costringono addirittura l’ente alla macchia, alla clandestinità. Il protagonista, Cooper, un ex pilota spaziale, deve affrontare chi a livello scolastico non crede che si sia mai giunti sulla Luna in base a note teorie complottistiche, riscrivendo i libri di testo.
Già questi sono due temi alla Bradbury, che nelle interviste critica sia la “dittatura delle minoranze” che fa correggere i libri, sia  la riduzione dei fondi alla NASA, l’interruzione dei voli, la fine di un sogno nato negli anni Sessanta, quando nel 1986 dopo il disastro del Challenger una ossessiva campagna mediatica mandò in crisi il progetto. Cosa che si sta ripetendo oggi se, come pare, nell’estate del 2014 la NASA ha annullato il programma per far ritornare l’uomo sulla Luna.

Il nostro destino, scrive il famoso autore di fantascienza, sono le stelle: la nuova frontiera dove verremo messi alla prova, dove si svilupperà una nuova religiosità, perché l’uomo ha bisogno di miti. Nel film si vede proprio questo: l’equipaggio dell’astronave va in cerca della “nuova frontiera”: un pianeta abitabile per ospitare gli emigrati dalla Terra morente. E l’esodo dell’umanità è un altro tema tipico di Bradbury, basti pensare a Cronache marziane. Bradbury critica il politicamente corretto, il buonismo e l’ipocrisia: quella che potrebbe causare il disastro della missione, con la figura del dottor Mann che dice di aver trovato un pianeta abitabile, mentre non è vero e pensa a salvare solo se stesso.

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(nella foto: Matthew McConaughey e Christofer Nolan)

Una delle tematiche di fondo di Bradbury è la famiglia. Interstellar è una sua difesa, con il padre ex astronauta che si occupa dei figli dopo la morte della moglie e li difende, e con i figli che restano in contatto con il padre ad anni-luce di distanza con il tempo che passa per loro velocemente e per il padre lentamente. Il figlio Tom si scoraggerà ma la figlia Murphy pur non avendo più avuto notizie da lui si batte, laureandosi in  fisica e lavorando alla NASA, per trovare il modo di risolvere una equazione gravitazionale fondamentale per capire i paradossi del viaggio galattico. E la scena finale col padre che incontra la figlia centenaria è un’altra prova di questo legane che supera lo spazio-tempo.

Uno dei temi principali di Bradbury sono gli alieni “buoni”, e alle spalle delle sorti dell’umanità e dell’astronave che parte verso l’ignoto vegliano proprio questi alieni (“Loro”) che forse hanno creato addirittura il buco spaziotemporale (il wormhole) e nella parte finale del film, trovano la soluzione. Sono forse gli uomini d un lontanissimo futuro, come pensa Cooper? In tal caso non cambierebbe molto: è l’idea di una entità che sorveglia e protegge l’umanità che qui conta… Questa soluzione è un’altra tematica cara allo scrittore: il viaggio nel tempo. Ma, attenzione, il colpo di genio di soggettisti, sceneggiatori e  regista è che questo viaggio nel tempo è indietro non avanti, e andando indietro esso non serve a modificare il futuro, ma a crearlo, a realizzarlo senza successive interferenze, dandogli il là, facendo cadere i libri e indicando la direzione della sede nascosta della NASA. Poi suggerendo a Murphy come risolvere la famosa equazione irrisolvibile e permettendo all’uomo di viaggiare (ed emigrare) fra le stelle.
Ciò avviene grazie alle cinque dimensioni del tessaratto ed ha come centro una biblioteca, crocevia dimensionale e temporale del sapere, una specie di Aleph borgesiano, altro luogo-simbolo essenziale per Bradbury, e che come realizzazione visiva fa pensare ai mondi matematici di Escher.

amazing-storiesEcco perché definisco Interstellar un film “bradburyano”, forse  indipendentemente dalle intenzioni dei suoi autori. Non privo inoltre di omaggi ai classici  della fantascienza filmica, da 2001 odissea nello spazio (con il computer CASE che assomiglia di certo e in meglio a HAL 9000) e a Guerre stellari (con il tipo di navetta con cui il protagonista parte per andare a cercare la sua bella e avendo alle sue spalle nella cabina di pilotaggio TARS, la parte mobile del computer).

Il film ha avuto critiche, quelle cui accennavo all’inizio, per la sua poca verosimiglianza scientifica, anzi i suoi errori. Verrebbe voglia di dire: embè? Anzi: chissenefrega!
E’ una vecchia storia questa: intanto noi stiano vedendo un film (o leggendo un romanzo) e non stiano vedendo un documentario scientifico o leggendo un saggio di Hawking (che pure lui non è il Vangelo e su certe sue teorie ci ha ripensato). E’ cinematografia o narrativa di fantascienza non un trattato di astronomia.

La fantascienza, come dice la parola italiana ha dunque una parte fanta: dove sta allora lo scandalo? Ma il termine originale, si dirà, è science fiction, vale a dire narrativa scientifica o meglio a sfondo scientifico, che narra fatti scientifici. Ma è la stessa cosa, e in merito ho pubblicato un articolo su Urania (scusate l’autocitazione).
Il fatto che molti dimenticano è che il “padre della fantascienza”, Hugo Gernsback che pubblicò nel 1926  la prima rivista specializzata, Amazing Stories (storie sorprendenti, meravigliose, e non certo scientifiche) nel suo “manifesto programmatico” fa riferimento a tre ispiratori del nuovo genere letterario: Verne, Wells, Poe, un francese, un inglese e un americano, autori di storie simili e diverse fra loro, soprattutto Poe che di vera e propria scienza nei suoi racconti e nel suo unico romanzo non ce ne metteva né tanta né ortodossa, anzi al contrario sconfinava nel fantastico, nel’onirico, nella metapsichica (oggi parapsicologia), nell’occulto, nel sovrannaturale. Tutte cose che farebbero storcere il naso (anzi inorridire) i fantascientisti ortodossi di oggi, ma che, ma guarda un po’, Gernsback poneva tra i “padri fondatori” del genere.

Bradbury2La conclusione era che, a mio giudizio, se si vuole ridurre la fantascienza a una narrativa di stretta divulgazione scientifica o di sola previsione del futuro, di estrapolazione sullo sviluppo delle scienze esatte si fa un madornale errore. Non solo ponendoci il problema: e se poi non ci azzecca che si fa? Ma anche  costringendoci alla fine a non considerare come vera fantascienza la quasi totalità della produzione che va sotto questa etichetta. La vera caratteristica della fantascienza è quel sense of wonder, quel senso del meraviglioso che gli appassionati americani vedevano in quella fra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento, e che si può estendere a tutto il genere. Non solo quella delle origini o della giovinezza di molti lettori presi dalla nostalgia deve suscitare quelle sensazioni, ma tutta. Una narrativa più o meno a sfondo scientitico-tecnologico che non suscita un senso del meraviglioso  nei lettori o negli spettatori ha fallito il suo scopo.

A mio modesto parere Interstellar lo suscita di certo indipendentemente dal fatto che alcune idee spettacolari del regista come il pianeta sull’orlo del Buco Nero non siano cose scientificamente plausibili, e indipendentemente da alcune lungaggini della trama.
Io concluderei con un’alzata di spalle.

 

GIANFRANCO de TURRIS

8 gennaio 2015 - Posted by | by G. de Turris, Fantascienza, Volo Interstellare | , ,

1 commento »

  1. Ho provato ad appassionarmi al genere fantascientifico, letterario o filmografico, ma non c’è nulla da fare: è una letteratura che non suscita in me alcun senso del meraviglioso. Forse perché è ciò di cui ho esperienza diretta a suscitare in me così tanta meraviglia da non riuscire ad andare oltre. Comunque mi è piaciuto molto il taglio dato all’articolo che, mi sembra, metta ancora una volta in evidenza come l’uomo, proiettandosi lontano nello spazio/tempo, non possa far altro che portare con sé gli aspetti più importati della sua umanità.

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    Commento di Simonetta | 9 gennaio 2015 | Rispondi


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